Figure femminili nella musica popolare dell’Emilia e della Romagna

Nei canti della tradizione popolare dell’Emilia Romagna, le figure femminili sono sempre molto caratterizzate, emblemi o icone della molteplicità di ruoli e di comportamenti della vita reale: sante e regine, streghe e fate, vittime degli inganni e della forza maschile, raccontano di una realtà e di una socialità che le vede spesso subalterne e sottoposte, ma allo stesso tempo centro e cardine dello svolgersi della vita di tutti i giorni.

Sempre belle e desiderate, capaci di fare filtri magici e pozioni con le erbe, in lotta con i capitani per ottenere la grazia per il marito, attrici sempre comunque dell’azione che si narra e si canta, sempre in prima persona a dare forma e vita alla storia e alla vicenda narrandola in prima persona. Segno concreto di una società che ha il proprio centro vitale nella cucina, la stanza in cui il quotidiano diviene vissuto e dove ci si incontra, dove si fa e si dice, dove c’è (o meglio c’era) il focolare, ovvero il condotto astrale che mette in comunicazione in sotto/basso/terra con ogni sopra/alto/cielo. Una terra la nostra dove le donne di casa sono chiamate arzdore, ovvero coloro che reggono, che determinano, che decidono.

Poi ci sono i re, i cavalieri, i mariti e i conti che vivono e si muovono in uno spazio che potremmo definire “fuori” o altrove o comunque esterno al quotidiano e alle sue relazioni. Crudeli, efferati, potenti e violenti con la spada o il bastone, sembrano essere non solo estranei al vivere e ad ogni vissuto, ma divengono negazione stessa della vita, con loro la smania di teste tagliate, di sangue che scorre e di sepolte vive.

Incontriamo così la Cecilia, che pur di liberare il marito condannato alla forca va a letto col Capitano, ma al risveglio trova il marito, che aveva dato il benestare all’intrigo, impiccato.
Donna Lombarda, che sedotta da un Re potente tenta di avvelenare il marito, ma un figlio di pochi mesi miracolosamente inizia a parlare ed avverte il padre che quindi con la spada provvede a ristabilire ordine e morale. La madre nella vicenda de La bevanda sonnifera, che consiglia alla propria bellissima figlia di andare sì a letto col cavaliere disposto a pagare cento scudi (cifra inimmaginabile) ma di addormentarlo e renderlo così innocuo con un filtro magico da lei opportunamente preparato. E ancora Chi bussa alla mia porta, La bella al ballo, e altri ancora, capitoli di una vicenda e di una storia unica che abbiamo voluto chiamare Regine, fate e malmaritate.