Disco: Casa del popolo

Perché non sono mai solo tre parole, e cuore fa rima con amore ma anche con altro.

Una storia della canzone sociale e politica dai primi dell’ottocento fino a ripercorrere la nostra storia più recente. Un percorso attraverso gli aspetti comunicativi ed evocativi del canto e della musica. Canti di lavoro e sul lavoro, dalle forme più antiche legate al lavoro rurale fino ai più recenti canti di fabbrica, di emigrazione, ai canti di protesta, denuncia di malessere e sfruttamento. Canti provenienti dai campi, quindi, dalle fabbriche, dai cortei, dai concerti e dalle osterie, ma anche canti non direttamente riconducibili al lavoro, che rientrano nell’argomento con la loro funzione di alleviare la fatica segnando e disegnando momenti di divertimento. Sono canti d’amore, balli, racconti che hanno svolto una importante funzione sociale.

Citando Roberto Leydi: “Si è soliti far rientrare nella definizione di “canti di lavoro” non soltanto quei canti specifici che vengono utilizzati per ritmare il lavoro, ma anche quelli che sono destinati ad accompagnare o alleviare la fatica o la noia del lavoro, individuale e collettivo”. O Gorizia, Mamma mia dammi cento lire, fino a I treni per Reggio Calabria, sono pietre che hanno segnato una parte recente della nostra storia, che ancora hanno qualcosa da dire, che ancora fa piacere cantare. Insieme. I brani provengono da registrazioni e dischi del folk revival degli anni ’60 e da registrazioni effettuate dal gruppo in diverse aree dell’Emilia e della Romagna.

Nella riproposta sono stati utilizzati strumenti propri della cultura popolare, quali ghironda, piva, mandolino, violino, chitarra e fisarmonica e altri ancora, allo scopo non di ripresentare un filologico e ricalcato profilo sonoro, quanto piuttosto di rispondere all’esigenza di recupero di elementi, anche sparsi nel tempo e nello spazio, della cultura tradizionale per potere aggiungere ancora qualche tessera a quel prezioso mosaico, difforme e variegatissimo, che è la cultura popolare.